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Storia dell’acqua

Storia dell’acqua

Le riserve naturali del Salento

C’era una volta una terra dimenticata da tutti, dimentica delle sue antiche glorie, disseminata di paludi e di malaria, senza rubinetti e docce in casa, tanta acqua intorno e neanche una goccia da bere. Poi piccoli eroi d’ogni giorno, uomini di questo Sud dimenticato, si rimboccarono le maniche e lottarono la lotta impari tra l’uomo e la natura e la vinsero. Piegarono torrenti e canali, restrinsero corsi d’acqua che dolcemente si lasciarono sotterrare, incanalare, frammentare in migliaia di dotti, canali, chiaviche, fontane. Altri uomini invece asciugarono l’acqua dove ce n’era troppa e ristagnante, spostarono montagne e colline, scacciarono le malattie e tirarono fuori spiagge bianche e setose, disegnando un sorriso sul volto del mare, e terreni coltivabili.
Stiamo parlando del Salento, che fino all’Unità d’Italia era una terra ostile e che grazie ad importanti opere fu resa la meraviglia che tanto attrae turisti di ogni dove.

A Leuca l’acqua è di casa, non solo perché il mare dalla notte dei tempi lambisce queste coste e scava grotte tra le rocce calcaree, ma anche perché decenni fa qui, a Leuca, si concludeva una delle opere di ingegneria civile più importanti d’Italia.

Leuca, finibus terrae, è anche il punto terminale dell’Acquedotto Pugliese. Come molti di voi sapranno, la Puglia è una regione senza particolari fiumi né laghi da cui ricavare acqua potabile. La nostra acqua è sottoterra, molto in profondità. Così l’Acquedotto raccoglie acqua durante tutto il suo percorso, che inizia dai fiumi della Basilicata, si abbevera poi ai fiumi foggiani Sele e Ofanto e poi scende tutto il Tacco fino alla monumentale cascata di Leuca, costruita nel 1939 a conclusione della costruzione dell’Acquedotto. La Cascata Monumentale unisce simbolicamente mare e fiume, disseta lo sguardo prima della sete.
Di recente sono state aggiunte delle illuminazioni artistiche lungo la cascata che disegnano visioni artistiche multicolori per la gioia dei vacanzieri durante le sere d’estate.
E delle paludi cosa rimane? Terreni irregimentati, olivi, mandorli, viti, ciliegi, spiagge limpide e chiare da fare invidia agli atolli corallini. A tratti, però, lungo la strada che porta a Leuca, se guardate attentamente, nelle depressioni del terreno, nei solchi lasciati da ruscelli stagionali e pozzanghere, o lungo tratti di costa, ancora resistono folte canne di palude, che spuntano come miraggi in mezzo al nulla, ultima reliquia del tempo che fu, un avvertimento della natura che qui è regina e sovrana, ora elemento identificativo di queste località turistiche. Le rare zone paludose rimaste in Salento sono diventate bellissime riserve naturali, perché, ora lo sappiamo, le paludi sono importanti zone umide in grado di regolare il microclima e di tutelare specie animali e vegetali che altrimenti morirebbero.

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